Cachi
Storia e curiosità
In Campania, il loto, frutto dalle antichissime origini, si chiama Cachi, Cachisso o Cachino, regionalizzazione del nome Kaki, forma breve di Kaki No Ki, espressione con cui in Giappone si definisce questa dolcissima delizia.
Originario della Cina meridionale e coltivato in Giappone, in Europa se ne persero le tracce fino al 1700, quando ne fu ripresa la coltivazione come pianta ornamentale dal momento che è molto resistente ai parassiti e difficilmente viene attaccato da muffa grigia. Solo verso la fine del 1800 viene apprezzato come albero da frutto, prima in Francia e poi in Italia dove se ne importarono dal Giappone varietà pregiate.
I toscani, sempre fedeli all’italiano più aulico, lo chiamano Diospero, cioè Pane degli Dei, a sottolineare l’importanza che il loto ha all’interno della dieta alimentare. Che sia un frutto conosciuto fin dall’antichità, è fatto documentato: nel IX libro dell’Odissea si narra dell’incontro di Ulisse con il popolo dei Lotofagi e, in epoca romana, Columella lo cita fra gli alberi da frutto. Nell’antichità, l’albero del loto era molto apprezzato per le sue virtù: la lunga vita, la grande ombra, l’assenza di nidi fra i rami, l’inattaccabilità dai tarli, l’utilizzo come legna da fuoco.
Una curiosità: aprendo delicatamente il nocciolo, ci si accorge che le fibre vegetali disegnano le forme di cucchiaio, forchetta e coltello. Queste forme, che si riescono a scorgere con un po’ di fantasia, vengono definite posatine. Nel secolo scorso, fino agli anni ’70, quando ancora molte famiglie vivevano insieme nella stessa “corte”, i bambini ingaggiavano gare per stabilire chi fosse più bravo ad aprire i noccioli senza rompere le posatine. Invece, una curiosità legata alla lingua, la ritroviamo nel dialetto napoletano che indica il cachi con il termine “legnasanta” poiché, aprendo il frutto, è possibile vedere al suo interno la caratteristica immagine del Cristo in croce.
I cachi in Campania: agro nolano e vesuviano
In Campania, i primi impianti specializzati per la coltivazione dei cachi sorsero nel salernitano nel 1916. La produzione si attesta attualmente su circa 350.000 quintali, prevalentemente nell’agro Acerrano-Nolano e Nocerino-Sarnese, nell’area Vesuviana dove si coltiva una varietà di cachi senza semi, destinata la commercio, mentre in molti orti e giardini privati c’è almeno un albero di loto della varietà con i semi, che non necessita di particolari cure. Pianta di medio vigore, resistente alle basse temperature, produce frutti dal colore giallo e arancio intenso che quando sono ben maturi hanno un sapore dolcissimo ed una consistenza quasi cremosa. Acerbi, invece, allappano a causa dell’alto contenuto di tannini. E’ questo il motivo per cui i cachi non possono essere consumati appena raccolti, ma devono essere “ammezziti”, cioè lasciati maturare fino a perdere i tannini e sviluppare gli zuccheri che ne rendono la polpa dolcissima.
I cachi caratteristici della Campania sono i cosiddetti cachi vaniglia o “vainiglia”, di colore rosso aranciato e polpa cremosa, la cui coltivazione resiste nei frutteti di vecchio impianto e nella frutticoltura di tipo tradizionale, mentre nei nuovi impianti si coltivano soprattutto i cachi mela, giallo arancio, più consistenti e meno dolci. Maturano in autunno, fino a novembre, ma si conservano bene per tutto l’inverno.
Saperli scegliere non è semplice: bisogna che la buccia sia sottile, quasi trasparente, intatta, con la polpa tenera ma soda. Se li si acquista ancora un po’ acerbi, si può favorirne la maturazione disponendoli in cassette intervallati con delle mele, in un luogo caldo, asciutto e buio. Le mele liberano acetilene ed etilene, che arricchiscono i cachi di zuccheri rendendoli dolci.
I cachi in cucina
I napoletani consumano i cachi rovesciandoli nel piatto, tagliandoli in quattro spicchi e prelevandone la polpa con un cucchiaio.
Molto energetici, sono ideali per risollevare dagli stati di affaticamento, ma… attenzione alla linea! Sono infatti molto calorici e la loro consistenza inganna, specie se consumati come deliziosa crema da dessert: basta frullare la polpa di due cachi con 50 grammi di zucchero e il succo di mezzo limone per ottenere una squisita salsa dolce.
Tuttavia, sono molteplici i modi in cui poter utilizzare i cachi nella preparazione dei dolci: dalla cheese cake, al semifreddo fino alla confettura.
Se si vuole preparare un piatto salato a base di cachi, si può realizzare il risotto ed il risultato è una ricca bontà: una cipolla tritata, la polpa di un cachi, il riso e 2-3 cucchiai d’acqua e cuocere a fuoco lento. A cottura effettuata, si aggiunge del formaggio dal sapore deciso ed il piatto è pronto! I cachi in cucina partecipano alla realizzazione anche di altri piatti salati dal sapore davvero particolare e gustoso. Ad esempio, il cachi mela può essere tagliato a fette e utilizzato nelle insalate miste, condite con olio, limone e sale. Inoltre, possono essere cotti alla brace o al forno.
La varietà con polpa morbida può essere utilizzata per preparare toast e tartine: basta frullare la polpa con un po’ di ricotta e sale e spalmare sul pane la crema ottenuta.
Apprezzare appieno il gusto dei cachi è facile, ma, dato il loro elevato valore energetico, il consiglio è di mangiarli senza esagerare per poterne sfruttarne tutti i benefici.