Orto
Gli orti di Palma Campania: mai senza frutti
Il vasto patrimonio di prodotti che caratterizza l’orticoltura di Palma Campania ne rappresenta anche una delle sue principali ricchezze. È un patrimonio lasciato dagli antenati, dalla loro cultura e dalla loro maestria nel riuscire a coniugare sapori e saperi.
Contraddistinti da un forte legame con il territorio di cui sono espressione, i prodotti tipici di Palma Campania appartengono alla memoria storica del loro luogo di produzione, ne conservano le tradizioni e ne custodiscono i segreti. Il loro è un antico sapore, non comparabile con quello standardizzato a cui ci ha abituato il qualità e sulla tutela del prodotto tipico significa anche garantire il mantenimento della cultura gastronomica locale: essa va custodita e rivalutata soprattutto oggi che l’attenzione dei consumatori si sta spostando sempre di più su un’alimentazione sana, fatta di prodotti genuini.
Il palmese più legato alla tradizione agricola del territorio non tradisce gli antenati e continua, oggi, a coltivare con cura e passione il suo scampìa, termine con cui i palmesi indicano l’orticello ricco di ortaggi profumati, verdure appetitose, piante aromatiche e alberi da frutto: un vero trionfo di colori e forme della terra.
Definizione del campo coltivato a scampìa
Un campo è, per definizione, un appezzamento di terreno coltivato tramite la messa a dimora di piante generalmente tutte appartenenti alla stessa specie. Ė risaputo che, periodicamente, l’appezzamento di terreno deve essere destinato alla rotazione o al riposo dalle colture per permettere al terreno di rigenerarsi. I campi non coltivati diventano, nella tradizione popolare, “scampìa”, un termine che nasce grazie all’aggiunta del prefisso S che in molte parole italiane ha valore privativo (deriva dal latino ex).
In origine la scampìa è l’erba che cresce spontanea e diventa presto secca e arida, ma con il tempo i contadini, abituati a sfruttare appieno i propri appezzamenti, vi seminano un po’ di tutto, escluse le specie coltivate intenzionalmente nello steso luogo, e curano poco o nulla il campo, così da permettergli di produrre spontaneamente, rigenerandosi ed evitando l’uso di concimi chimici. Il raccolto risulta così vario, anche se ridotto in quantità, e il terreno, dopo un anno, può essere nuovamente sfruttato per la coltivazione intensiva di un solo prodotto.
Ecco l’elenco dei protagonisti degli orti di Palma Campania:
- Albicocca vesuviana
- Torzella
- Broccolo friariello
- Pomodoro giallo del piennolo
- Pomodorino del piennolo del Vesuvio
- Peperoncino verde friariello o di fiume
- Asparago selvatico o pungente
- Nocciola
- Noce di Sorrento
Albicocca vesuviana
Con l’espressione “albicocca vesuviana” si indica un insieme di oltre 40 diversi biotipi, tutti originari dell’area vesuviana. Ceccona, Palummella, S. Castrese, Vitillo, Fracasso, Pellecchiella, Boccuccia Liscia, Boccuccia spinosa, Portici sono tra i biotipi più diffusi. Localmente, l’albicocca viene chiamata crisommola, e particolarmente apprezzata dagli abitanti della zona è la qualità detta della crisommola d’o prevete (del prete). La coltivazione di questo frutto interessa tutto il territorio dell’area vesuviana. Ha per lo più grandi dimensioni ed un gusto dolce ed intenso. L’albicocca vesuviana è una varietà a maturazione precoce e medio-precoce: si raccolgono a metà giugno. Sono apprezzate sul mercato per le loro proprietà organolettiche e sono riconoscibili per un sovra-colore rosso sfumato o punteggiato sulla base giallo-aranciata della buccia.
In Italia, la Campania è la regione più importante nella coltivazione di albicocche e quelle provenienti dall’area vesuviana rappresentano l’80% della produzione regionale. La maggior parte della produzione è destinata al consumo fresco, una quota variabile di anno in anno viene trasformata in succo e polpa, mentre una piccola parte viene trasformata in confetture, essiccati e canditi. Infine, una quota molto limitata viene trasformata in prodotti surgelati e sciroppati.
Torzella
La torzella è uno dei più antichi tipi di cavolo sviluppatisi nel bacino del Mediterraneo. Per questo motivo è detta anche “cavolo greco”. Per le sue foglie ricce, carnose e di colore verde scuro, qualcuno la chiama pure “torza riccia”. È una verdura molto resistente al freddo. Può essere consumata sia fresca che cotta in appetitose minestre della tradizionale cucina napoletana. In estate, dopo una breve cottura, viene preparata con il pomodoro San Marzano, ma si consuma anche fresca nelle insalate o per guarnire piatti in combinazione con frutti di mare. D’inverno è un ingrediente immancabile della tradizionale minestra maritata.
Broccolo friariello
I broccoli di rapa, o cime di rapa, coltivati in Campania sono detti “friarielli” perché, fritti in padella con aglio e peperoncino, sono il contorno insostituibile di molti piatti invernali: salsicce, carne di maiale, provola. Hanno un sapore amarognolo e sprigionano, una volta uniti all’olio, un profumo inconfondibile. Vengono coltivati tutto l’anno ed in tutta la regione Campania, ma quelli migliori si trovano in commercio dalla fine di autunno all’inizio della primavera. Del broccolo friariello si consumano le foglie più tenere che negli ultimi anni sono diventate l’ingrediente di nuove ricette come pizze rustiche o particolari creme per condire la pasta.
Pomodoro giallo del piennolo
Il pomodoro giallo del piennolo è detto anche ‘o spunzillo oppure ‘a pummarulella ‘e mazzo. La sua buccia è spessa, la polpa è soda ed il sapore è dolce ed intenso. Ha un contenuto di vitamine tre volte superiore agli altri pomodori. In cucina viene utilizzato per esaltare il sapore dei primi piatti e si sposa bene anche con il pesce ed i frutti di mare. La tecnica di conservazione è quella storica: i pomodori freschi sono messi in acqua e sale e vengono sterilizzati tramite pastorizzazione per mantenere inalterato l’apporto nutrizionale ed il contenuto di vitamine.
Pomodorino del piennolo del Vesuvio
Il pomodorino del Vesuvio ha una forma prevalentemente ovale, allungata, simile a quella di una pera, con apice a punta ben evidente. La raccolta si effettua nel periodo compreso tra l’inizio di luglio e la fine di settembre. L’aspetto peculiare di tipicità che accomuna i pomodorini vesuviani è l’antica pratica di conservazione al piennolo, ossia una tecnica per legare tra loro alcuni grappoli di pomodorini maturi, fino a formare un grappolo più grande che viene appeso in locali areati assicurando così l’ottimale conservazione del prezioso raccolto fino al termine dell’inverno. Così conservato, nel corso dei mesi il pomodorino perde il suo turgore, ma assume un sapore unico e delizioso. Il pomodorino del piennolo del Vesuvio viene apprezzato sul mercato allo stato fresco, nella tipica forma appesa, detta, appunto, al piennolo, ed anche come conserva in vetro. È uno dei prodotti più tipici ed antichi dell’agricoltura campana tanto da essere perfino rappresentato nella scena del tradizionale presepe napoletano. In cucina il suo utilizzo è vastissimo, ma c’è una particolare occasione in cui diventa il protagonista assoluto: nel tradizionale menu natalizio, che prevede la preparazione di spaghetti e vongole, il pomodorino del piennolo non può proprio mancare.
Peperoncino verde friariello o di fiume
Il peperoncino verde è una vera bontà dell’arte culinaria campana ed è chiamato “friariello” perché viene consumato prevalentemente fritto. Di piccole dimensioni e di forma allungata, viene commercializzato a maturazione incompleta, quando il colore è verde intenso. La dicitura “peperoncino verde friariello” comprende sia il peperoncino napoletano, caratterizzato da una forma allungata e un apice appuntito, che il peperoncino di fiume o nocerese, caratterizzato, invece, da un apice trilobato. La coltivazione si effettua in pieno campo e anche in coltura protetta ed è un tipo di produzione specialistica che richiede attente cure.
Il peperoncino verde friariello compare per la prima volta nella Valle del Sarno e probabilmente la sua origine risale all’opera svolta dai monaci Cistercensi che il re Carlo d’Angiò fece arrivare dalla Francia per fondare due abbazie nel territorio tra Napoli ed Eboli. I Cistercensi francesi fondarono la prima abbazia, dedicata a Santa Maria della Real Valle, lungo il fiume Sarno. Fu proprio da qui che iniziarono a diffondere le loro conoscenze rurali, arricchendo la già florida coltivazione autoctona con numerose coltivazioni portate dalla Francia. Molto probabilmente alla loro esperta opera si deve la presenza nei campi dell’agro nocerino-sarnese di specialità tipiche francesi divenute poi produzioni tradizionali locali come, appunto, il peperoncino verde friariello.
Asparago selvatico o pungente
L’asparago pungente, il vero asparago selvatico, è molto ricercato e apprezzato in cucina in tutta l’area mediterranea. Fiorisce in agosto/settembre e produce una bacca verde a maturità. Fino a non molto tempo fa, le piante di asparago pungente, per via della loro robustezza, venivano utilizzate degli spazzacamini per ripulire le canne fumarie. Lo spazzacamino arrotolava alcuni cespugli di asparago creando una specie di palla spinosa di circa 50-80 cm di diametro. Questa palla veniva legata ad una corda e tirata varie volte attraverso la canna fumaria in modo da scrostare la fuliggine attaccata alle sue pareti.