Storia del Carnevale
La storia: ipotesi e certezze tra sacro e profano
Il Carnevale di Palma Campania affonda le sue radici nella tradizione carnevalesca campana, strizzando l’occhio agli antichi riti propiziatori perpetuatisi in varie forme dall’epoca romana al Medioevo. Attestazioni certe del Carnevale Palmese si hanno a partire dalla seconda metà del 1800, ma c’è ragione di pensare che esso abbia origini molto più antiche e che abbia assunto nei secoli forme diverse da quelle attuali. Che il Carnevale sia tradizione radicata sul territorio palmese è provato anche dall’interesse da parte di quanti hanno dato vita a preziosi testi di documentazione, raccogliendo testimonianze, ricordi e scritti affinché tutto un patrimonio di cultura locale non andasse perduto.
Nessuno conosce con esattezza la data di nascita del Carnevale, ma è nota ai più la spiegazione etimologica della denominazione: carnem levare, con esplicito riferimento alla prescrizione cristiana di non mangiare carne durante i venerdì di Quaresima, o carnem laxare da cui il più ricercato termine “carnasciale”. L’etimologia della denominazione rimanda ad un tempo in cui la ricorrenza aveva già assunto un carattere definito nel calendario cristiano e veniva celebrata appunto come apertura del periodo quaresimale.
Molteplici gli aspetti culturali confluiti nel Carnevale: somiglianze certe si ravvisano nelle feste pagane legate a riti di passaggio e di purificazione quali i Saturnalia e i Lupercalia celebrati nell’antica Roma. Nei Saturnalia, in particolare, durante la festa, era data facoltà agli schiavi di considerarsi uomini liberi e di eleggere un princeps al quale venivano burlescamente assegnati pieni poteri. Invece, secondo i miti legati al ciclo delle stagioni, basti pensare al mito di Proserpina, durante l’inverno, le divinità degli inferi vagavano sulla terra, onde gli uomini, per indurli a ritornare sottoterra e a favorire il raccolto estivo, celebravano riti e feste propiziatori. Da queste feste pagane, durante i secoli bui del Medioevo e fino ad arrivare all’epoca rinascimentale, si svilupparono fra il popolo rituali propiziatori che si incanalarono nella ricorrenza carnascialesca.
Molti studiosi di tradizioni e costumi popolari hanno visto nel Carnevale una manifestazione sociale durante la quale le classi meno abbienti potevano capovolgere i ruoli e compiere atti al limite della liceità, protetti dall’uso delle maschere che garantivano il loro anonimato. Tuttavia, tutti concordano nell’affermare che questi riti originano in ambiente agreste, in quanto il periodo del Carnevale coincide per lo più con l’inizio dell’anno e perciò con la necessità di favorire la fecondità della terra attraverso l’eliminazione di quanto è vecchio e malato con il conseguente esorcismo della morte e la celebrazione della potenza creatrice della terra e dell’uomo. E’ da qui che scaturiscono rappresentazioni come quella dei “dodici mesi”, tipica di alcuni carnevali locali meridionali o scene come quelle della morte di Carnevale.
Ed è sempre ai rituali di eliminazione e di propiziazione che si deve il carattere grottesco e buffonesco delle mascherate tipiche: uomini che indossano vestiti femminili, attributi sessuali esplicitamente esagerati, maschere a metà fra il comico e il demoniaco, come quella nera e dal naso adunco del nostro Pulcinella.